We’ve updated our Terms of Use to reflect our new entity name and address. You can review the changes here.
We’ve updated our Terms of Use. You can review the changes here.

Something Left Vol. 2

by Resho

/
1.
Asfissia 01:16
Ti sei mai chiesto quanto puoi cadere in basso? Quanto hai già scavato in basso? Il mio passo in basso rimane costante fra tante facce sfigurate dal contante. Affronto distanze, proseguo, passo oltre e mi vedi distante. Ogni volta che appassisco non è perché collasso: snobbo maggioranze e rifiorisco come a Maggio le piante... e il mio percorso personale non è la risalita, ma è la vita che precipita quaggiù, che vorrebbe tornar su, ma in queste lande non trova via d'uscita e in solitudine si fermerà a scavare. Ed io rimango qua nel buio ad aspettare. Non ho modo per salvare, ma ho affrontato questo posto e oggi ti posso insegnare a camminare, nonostante tutta l'ansia, l'asma e lo spasmo muscolare. Niente di spirituale o appigli alla magia. Nessuna medicina o farmacia, ma la tenacia di riuscire a respirare, anche se qua... qua si rischia l'asfissia.
2.
Quando vorresti esprimere te stesso nei tuoi testi ti perderesti dentro al senso dei tuoi versi. Staresti dello ore alla ricerca di parole in successione, fino all'attimo che inquadra la giusta combinazione. La ragione che si imprime su quel foglio e quella biro che lo incide fanno solchi nella carne dell'anima che se sanguina si esprime. Colti come fiori immortali in mezzo al tempo della fine, trovi i suoni più vitali per esprimer gli ideali con cui affronterai i tuoi mali con la forza delle rime. Tieni presente: l'inizio adesso è sempre più distante e dovrai dimostrare a tutti quanti quanto vali nel portare i tuoi pensieri più lontani nel perenne divenire. Oggi che il compito è gigante, non perderti fra tante cazzate raccontate da 'ste facce omologate. Sarebbe imbarazzante quindi pensa al tuo domani. Non smettere di scrivere le frasi più sensate, perché l'unica azione inebriante e stai pronto a sostenere il tuo universo sulle spalle come Atlante. Vivi in questo tempo che si sa essere rinchiuso nella sua caducità. Ciò che non distrugge molto presto sparirà, solo ciò che scrivi sarà quel che resterà. La storia siamo noi e la facciamo anche così. Non è un caso se ho deciso di imparare a far l'Mc: l'esigenza di cantare più la tecnica che ho appreso nel momento in cui ho compreso quanto spazio di pensiero mi da il beat. Legato ad un concetto quale rappresento il vero, io presento in ogni testo un argomento e non mi aspetto che si colga al primo ascolto perché non scrivo di getto. Sincero nel parlare se racconto che io setto ogni mia onda cerebrale sull'atmosfera della strumentale per cercare di portare in ogni aspetto la questione che mi preme raccontare. Inevitabilmente è la mia mente che proietto e non progetto una canzone per accontentar la gente. Non ammicco o strizzo l'occhio per un riconoscimento, ché nemmeno sotto torchio rapperei da deficiente, perché farlo seriamente è il mio intento. Coerente col movente che ho da sempre, ogni mia traccia ammazza i demoni che porto dentro e impressa sulla carta come in un calco di gesso l'impronta di un momento potrà vivere in eterno.
3.
Ogni vita attesta possibili universi di protesta e se si desta desfa. Puoi scegliere se accendere la tua testa, o tenerla spenta nella loro festa. Resho: Amo la gente controcorrente, contro il presente che sempre ci mente. Conto da sempre ogni mente presente, ma son quasi niente le teste attente. Chi aspetta lo sconto poi sconta la pena della catena del commercialmente. Nel capitalismo ogni anima in pena attende il montaggio nella sua catena. Come ingranaggio di un grosso sistema, sistema la schiena così amabilmente, scoprendo il cranio a chi abilmente ha il lavaggio del cervello come unico movente. Amo la gente controcorrente: è l'inconveniente, l'inefficiente, la bomba latente... il tasto di accensione per le teste spente. Astio: Benvenuti all'università della diversità, diversi versi invertono le avversità, ma avvertono che non divertono sua maestà, che verso questo non dà grande versatilità. Tabula rasa sullo sfondo di 'sto mondo, vado a fondo in un secondo, se non assecondo le loro volontà. Io non lavoro a volontà per ricoprire un ruolo che non mi va e ricoprirli d'oro, riscoprirmi un mezzo. Da un pezzo fuori dal coro, solo che non ignoro la verità: la mia testa è in protesta, fino a che l'autorità non mi ci farà un foro, fino a chi mi arresta non mi farà fuori, fino a che chi mi pesta mi spalma la pancia, mi spezza le braccia, mi schiaccia la faccia. Come Kaori ho fiori sulla mia bara, non me li aspetto. Se vuoi mettermi paura fallo adesso: togli la sicura dal grilletto.
4.
Vivi circondato da tabù, non ti fan pensare, ma ti fanno omologare a una tribù. A guardare la TV ti sei fatto troppe pare. Tu fatti curare o pisciaci su. Scusa la complessità, ma mi scontro con colossi e falsi colti che non contano i passi che compio per la mia contrarietà. Per inciso circondato da bastardi, come nel '40 un circonciso. Fra retoriche che chetano la tua vitalità, muri di cinta che cingono sguardi, sono inviso a certa gente che non vede niente, perché quando guardo il muro io vedo l'Infinito di Leopardi. So che tanto ci da tanto, ma qua si è esagerato in città, sono osservato da ogni lato e la gente ci sta, perché c'ha terrore del vicino che forse è squilibrato, che forse ha già stuprato, che forse ha già rubato e che forse se gli stai vicino forse ti contagerà. E sia, ma qua, non serve la polizia, servon corse per 'sta gente tutti in neuropsichiatria. Sento che il tempo in cui vivo non è un momento storico, ma è l'avviarsi al compimento al suo stadio definitivo di tutte le promesse messe fra le premesse false del Novecento. Omofobi difendono la vita di un embrione, mentre guidano masse di menti scarse ad appoggiar scontri diretti invadendo un'altra nazione. Pazze teste ingrassano le tasche del padrone, che ha deciso che la vita è tutelata solo per alcune razze. Non vedono che c'è un piano intercontinentale, mette ogni migrante in condizione svantaggiosa e fa pensare che sia il male. Mondo insano e insanità mentale, si crede nel progresso che ci porterà lontano, ma è invano se siamo ancorati a dimensione medioevale. Pisciaci su, su, su, pisciaci su, falla cortocircuitare. Pisciaci su, su, su prima che ella infetti il tuo sistema neuronale. È una guerra di possesso nel territorio della mente e la posta è la sanità mentale. Se chiedi di più a te stesso e la gente normale ti guarda come tu fossi un ossesso, posseduto dal demonio, hai vinto la battaglia che ella vuole esorcizzare. Sogno e son desto perché nel mio sogno io sono me stesso: mi batto perché amo ragionare con teste bacate in cui mi imbatto, ammaliate da leader populisti, tristi, quanto le cazzate che son pronte a raccontare e ti vogliono portare nel 1984.
5.
Resho: Non è facile viver da mezzo demone sapendo che darò troppe lacrime al mio prossimo e se mi abbandonerò all'oscuro, di sicuro, sarà il sangue che amerò, sarà folle tutto ciò che compirò. Non ho motivi per restare, tutto ciò che mi rimane è assestare gli ultimi colpi sulle colpe che ho commesso. Fendenti diretti per squarciare, nel buio pesto, la cicatrice del vento. Cento demoni per volta e va giù un'altra schiera e va giù un'altra schiera e va giù un'altra schiera, ma ogni demone che uccido sono cento che arrivano alla schiena e va giù la mia forza va giù. Con il mio fiato spezzato, lo sguardo annebbiato, il mio cuore imprigionato perché so che sono solo e sono solo demoni che accerchiano il mio ego perché sono come me e mi rivogliono. Mi tiene sveglio il suono della lama, mentre prego che non smetta di vibrare. Impreco contro il fato che si aspetta che in vetta non possa andare. Non arretro perché adesso è il desiderio di vendetta che mi spinge a lottare. Scelta caratteriale. Non intendo dare credito alle voci che si insinuano di notte nel mio animo. Adesso è furia sopra il campo e non pensate che io smetta. Non è facile viver da mezzo demone sapendo che darò troppe lacrime al mio prossimo e se mi abbandonerò all'oscuro, di sicuro, sarà il sangue che amerò, sarà folle tutto ciò che compirò. Forse non ho speranza perché per sconfiggere l'esercito di demoni che avanza dovrei smettere di fendere Tessaiga e lasciar libera l'essenza demoniaca chiusa in me. Per difendere il mio corpo dovrei perdere il mio spirito, il mio animo, la mia identità. Avrei perso me stesso se vincessi e per questo, anche in questo momento, mentre colpisco il vento, mi appello nonostante tutto alla lucidità. Ma da troppo sotto sforzo il mio corpo ormai sconvolto non reggerà per molto, si vede dal mio volto che tradisce ad ogni colpo la scomparsa irrimediabile della mia umanità. Mi volto per colpire e mando a segno fendenti sotto il segno del mio ardire, mentre ardono gli occhi di una rossa luce muta, che non lascia presagire che accadrà. Risoluta nel suo impegno, questa è l'anima che sdegno, ma mi dà rapidità. Ma se adesso non la fermo il mio fato maledetto porterà al gesto che mi brucerà e pagherà il prezzo del biglietto per l'inferno. Nevek: Non è facile viver da mezzo umano essendo certo che trarrò troppe lacrime dal prossimo e se mi proteggerò ad ogni scrupolo, nell'incubo, sarà faida e lotterò. Sarò un folle in tutto ciò che compirò. Che non mi so porre dei limiti ne ero già certo, ma adesso che il turbinio degli incubi m'ha estirpato buona parte dello scalpo, obbligandomi ad un gioco più violento, più bastardo, quello ha il cervello scoperto. Mi sono accorto di quanto si esageri, ma son completamente sotto molto più di quel che ci si immagini. Con uno spirito molto più hardcore del mio corpo e dei suoi parametri, schiacciato sotto gli scrupoli di un lato umano debole. Sensibile ai dolori e alle gioie, ai fallimenti, alle vittorie, alle 365 paranoie lungo l'anno, io non so conviverci senza esplodere, forse è inutile dirglielo urlando. Ma so che in fondo ora lo sanno, che la mia è soltanto fame di rime di contrabbando e che se soltanto lascio un minimo la presa del guinzaglio il mio mezzo demone resterà la sola anima viva sul campo.
6.
Mi sono chiesto il perché, ma la risposta è stata vana. Mano a mano che cadiamo la realtà è sempre più chiara. Distintivi opprimono il vibrare di noi vivi, con droghe e palliativi sugli schermi dentro casa. Resho: Narcotici da stress in uso quotidiano distillati da distintivi in abiti distinti. D'istinto assumerei le dosi consigliate assuefatto dalla noia che ci ingoia quando assume forme di falsità incantate e si presume che abbia vinto, come un fiume viene vinto dal suo argine, ma il margine per la libertà sono le acque: non verranno mai addomesticate. Astio: Ed è come un tiro alla fune, lobotomia che dà apatia. Mi chiedo come poter riassumere. Ho fatto control alt canc e ancora siedo e non sto in grado di concludere. Ho fatto sogni, che mi spiegavano la verità, ma li ho gettati nel pattume e devo pagare il prezzo imposto, pensare nel modo nel quale sono stato predisposto. Chi arriva prima prende posto! Io resto qui ed aspetto nel lato opposto! Astio: Narcotici da stress in uso quotidiano filtrati da media infiltrati, in fila per la notorietà come al sabato nei supermercati. D'istinto assumere le dosi consigliate, leggere attentamente le avvertenze, non sovvertire il meccanismo, vuol dire più semplicemente non uscire dalle linee demarcate, ma certe acque non verranno mai addomesticate. Resho: La prigione la si paga a rate. Ti illudono col saldo, mentre è il sangue che ti vendono, quello prelevato dal tuo corpo, ormai narcotizzato, che parla in replay con le frasi che gli hanno insegnato. Bombardano di slogan, trattamento preventivo, perché sanno che sei potenzialmente sovversivo, ma vivono con la paura che potrei stracciare il distintivo nel capire quel che imprimono. Straccio distintivi adesso, d'istinto ho abbandonato la narcosi, scaccio il pensiero che mi ha impresso il mondo che vorrebbe che vivessi gli stessi pensieri in simbiosi.
7.
Nevek: Sembra davvero d'esser finiti dentro un film di Romero, soltanto che non... Sembra davvero d'esser finiti dentro un film di Romero, soltanto che non ci sono effetti speciali speciali che non si vedono, salvo che grazie un'anima spoglia, ma di questa specie se ne estinta la maggioranza per un naufragio di cognac, per questo mi sale la voglia di urlare alla folla con tutta la frustrazione che non mi molla. Sento una delle tante presenze estranee sopra 'sta terra, un povero stronzo in mezzo a tutta 'sta merda, dovendo lottare più in avanscoperta di quanto tu voglia, con questa certezza che non si scorda. Nel nulla, siamo nel nulla, siamo caduti nel nulla, nel nulla. Resho: Non ho altri motivi per restare, se non, se non, se non la forza che mi trascina nella caduta. Disperazione muta che mi fa scrutare l'intimo, se incito me stesso a non mollare mentre affogo nel riflesso rosso di un bicchiere mezzo vuoto, steccato un istante dopo per accelerare un flusso così spesso che non riesco più a tenere addosso. Viaggio verso l'ignoto fra facce addomesticate, che non colgono il valore di un randagio, il calore di uno sguardo di occhi neri nel silenzio di un mondo di ghiaccio. Che vorrebbero azzannare per svegliare, azzannare per spronare e dare un modo per liberarsi a tutte queste voci in ostaggio, ma intanto spezzando le mie catene ancora canto, gettando parole al vento ancora canto, perché il volgo a cui mi rivolgo si fa affascinare più da un pagliaccio che da un santo.
8.
Non posso ber nei parchi, posso sfasciarmi in casa, è lo sceriffo che lo impone e vada. I miei interessi? Nada. Posso farmi una spada e la mia testa brasa. Va tutto bene se non sono in strada. Resho Posso sfasciarmi come un vecchio alcolizzato, mezzo addormentato con la tele che lo porta via. Quando lo faccio in compagnia, svaccato in mezzo a un prato, viene la polizia a prender nota del reato. Se per caso fossi nato in qualche altro stato, oltre a essere multato sarei anche controllato, con la scusa d'aver disturbato il sogno incantato del decoro della nuova borghesia. C'hanno messi tutti sotto accusa, noi che non accettiamo che la vita resti chiusa in quattro mura per paura di una falsa fantasia. Vi hanno presi tutti per il collo come un pollo ingrassato. Quando rollo con Maria, mi date del drogato, in disco vi andrei bene pure fossi impasticcato perché faccio girar l'economia, basta che non stia sulla strada su cui avete camminato. Jago Detesto stelle e strisce da moda americana, proibizionismo di sua maestà, il perbenismo della borghesia, la sana parvenza che preserva la figura, tutt'altro che sicura, della mia città. Posso sfasciarmi in casa, il cervello si masturba e non disturba, cosicché io appaia come un santo e intanto fomenti la loro ipocrisia, la loro autorità. Non vogliono un livello cerebrale che sale, utilizzano il marasma d'intelletto e la paura, uno schermo al plasma, la porta di casa chiusa per effetto del buon gusto di vostra signoria. C'è un prolisso ascensore per l'inferno, che ci spinge nell'abisso di un terrore senza tempo. Meglio arrestato in un parco a bere, che schiavizzato sul divano a bermi le cazzate propinate dalla tele.
9.
Situazioni da bohemienne nella vita di città, che il cittadino conformista non sa, naufragati nell'assenzio il silenzio non dà la complessità della profondità. Resho: Passo le mie sere dentro ai posti più impensati, baretti dove matti, reietti e ritardati, disperati o speranzosi, ma ubriachi, fanno scivolare il tempo sulla pelle perché in fondo il mondo fuori se li è già dimenticati. Nel fondo del bicchiere ci son stelle, costellazioni di tempi passati, altri suoni, altri colori, altri rumori, altre immagini di sfondo. In uno sguardo vedo insieme almeno tre generazioni. Secco secco, appena entrato, è un buon amaro che io ordino per primo, insieme a qualcuno mi smezzo un mezzo di vino, lo stecco e poi mi ordino un quartino. Chiacchiero con chi mi passa a tiro, del più e del meno, ma almeno non imposto il discorso come un falso alternativo... e come al solito, il tasso alcolico trasformerà il brusio di sottofondo in un casino. Astio: Il locale è aperto, ergo sum CiKlickBoom, sfondo e butto giù la porta del saloon. Ciao mamma guarda come mi diverto. Astio, sei ubriaco? Certo. Mi diletto a far l'esperto. Parlo un italiano incerto e sbiascico un dialetto scorretto, ma non importa. Sono più o meno pieno, chiudi quella bocca e mettiti sereno su quella sedia rotta. Trovo la mia dimensione al bancone. Come no? Non sono un fenomeno da baraccone. No, no, non esco dal bar in una bara, casomai in para, tu impara che se sono in gara non c'è paragone. Nei riflessi di un'ambrata nel boccale, mi perdo in riflessioni con idee poco chiare. Poi torno a casa e scrivo una canzone per poter immortalare ogni emozione.
10.
Sono retrò 03:03
Con lo zippo e il tabacco io sono retrò, le mutande di mio nonno io sono retrò, lo zainetto sulle spalle io sono retrò, non posso certo fare parte del tuo show. Non sono uomo da Grande Fratello, fratello. Non so stare nel tuo ambiente troppo bello, patinato con un sottofondo lounge, con il fondo troppo basso di un bicchiere a coppetta poco pieno. Pettinato da star non mi ci vedo. Un falso sbarbato per la sbarba fighetta con cui ceno, sperando che si metta a novanta eccitata dalla strada della centa che fa: portafoglio, mano, tasca della giacca del gestore del bar. Eh no, nel tuo sogno non mi ci vedo. Voglio vivere la vita come va perché va così seria come il rap, senza farmi assorbire dal contesto e dalla sua mediocrità e confesso che mi vesto quando esco per tornare a svestirmi solo quando la mia palpebra cadrà. Sono retrò e pure un po' sfigato. Non ho comprato un pantalone giù stracciato, l'ho comprato al mercato e l'ho usato. Adesso è bucato e pure rattoppato. Non ho emulato Marracash, Baglioni o Raf o chi ti va, ma vesto con le maglie riciclate dalle feste con dietro scritto staff. Hey! Penso che la vita non sia così banale da pensare che si possa giudicare il tuo pensare dal vestiario, ma al contrario cerco d'ascoltare le parole che hai da dirmi se ne hai. Al tuo conto in banca o al tuo titolo di studio io non ci penso mai, ché è meglio un muratore cultore di Platone che un neolaureato messo in televisione.
11.
Sul valor borghese della tele e sul suo senso della storia non ho mai creduto a una parola. Cresciuto con le regole dell'Adria e di Piazza Vittoria: è stata la mia scuola. Ho passato la mia adolescenza sulle scale, in compagnia di qualche punk, qualche rapper, qualche cane. Svaccato, con la birra in mano ad osservare le vecchie del bresciano che d'inverno per coprirsi hanno sventrato un animale. Fighetti, che han cambiato guardaroba ogni stagione, mi guardavan male con saccenza e sufficienza perché avevo un pantalone troppo largo, stracciato, da quattro anni addosso e proveniente dal mercato. Ho sempre pensato che non fosse necessario spender soldi per pagarsi la prigione, è per questo che ho vissuto senza pare sul vestiario ogni situazione. Col calendario cadenzato dall'organizzazione di una jam, di una festa studentesca o di una manifestazione. Erano anni di protesta affrontata con passione. In quel periodo iniziavo a fare rap, mentre a scuola mi spiegavan cos'è un diodo cominciavo con i testi contro il Re, che fosse la nazione, la pola, o il ministro dell'istruzione, o chi ha votato Silvio a Presidente del Consiglio in un già visto che riporta nel ventennio le persone. Passavo da un ragionamento sul mio tempo con il collettivo, a un momento in cui cercavo di rappare stando a tempo. Mi sentivo vivo perché avevo già trovato il mio obiettivo. Adesso mi rattristo nel vedere quel fighetto che fu stato alternativo. Rispetto chi è restato fedele ad una linea di pensiero, crescendo è maturato, sbocciando come un fiore su un sentiero desertico e roccioso, solo contro il mondo che borioso decide che il colore dominante sarà il nero.
12.
… e se il mondo non si può cambiare ci provo lo stesso. Fosse solo un passo, a costo d’esser perso. Fosse solo un sorriso regalato nella notte, nelle strade che hanno visto troppo sangue sul cemento. Fosse un’altra chance, un appiglio alla realtà, se fa schifo va stravolta per futuro cambiamento. Il calore della vita non ci abbraccia ogni momento, troppo spesso è così fredda che ti senti il ghiaccio dentro… e queste vite già strappate via dal vento, ci donino la forza di cambiare il firmamento. Disegnare nuove strade e traiettorie, nuove storie sotto il sole per scalzare via il tormento. Che ci facciano da esempio, per un mondo in cui nessuno viva solo il turbamento d’esser solo nel deserto con il proprio smarrimento. Ché il vuoto toglie il senso, ma la mano di un compagno ci rimette in movimento. … e se questo non si può cambiare, ci provo lo stesso, se tutto sembra perso, negli occhi dei compagni fra le lacrime ci leggo l’universo... ed oggi questo ridà il senso. Senza il terreno sotto i piedi non è facile vivere sempre in balia della vertigine, in mezzo a troppi ma sentirsi in solitudine e per non pesar sugli altri poi sorridere... e basterebbe così poco... ché ognuno è come un foglio su cui scrivere, e poi puoi sempre cambiar pagine. Ma l’inchiostro non è sempre disponibile e ti sembra d’esser fermo chiuso dentro l’inquietudine. Ciò che non sappiamo in quei momenti è che c’è un altro al nostro fianco e spesso ha un calamaio che vorrebbe condividere. Potessimo spiegarci riuscissimo a sfiorarci e toglier le barriere che impediscono di amarci... anche nella notte senza stelle ricordarci che le nubi spariranno. Sul cuor della terra non saremo noi soltanto... e un giorno scriveremo i vostri nomi senza pianto.
13.
… e non mi libero del male, lo incontro tutti i giorni camminando per le strade fra queste vite umane. In cerca di qualcosa che ci manca e ci si stanca se ci manca proprio il senso del cercare. Sono messo così male che se esco è per evitare di parlare. Mi nascondo nei rapporti che innesco, ma inevitabilmente ne esco e mentre cresco mi accorgo che ero meglio a 16 anni sulle scale. Non ho fatto una scalata sociale, al massimo ho scalato 20 metri di falesia verticale. Non ho tenuto via denaro, non ho ottenuto quel che bramo, non ho segnato la mia strada con lo spago e non ricordo il mio passato e neanche quello che cercavo. Sarei un adulto, secondo i canoni vigenti, ma la mia testa è esplosa e non si posa ai dirigenti. Non ho una direzione, non ho un sogno, un obbiettivo, non ho storie avvincenti, né un motivo per cui vivo. Al massimo trascrivo come un amanuense le mie storie poco intense. Forse hai fatto una cazzata ad ascoltarmi, perché canto solamente per sfogarmi e liberarmi e alle mie mense non c'è cibo per la bocca affamata, solo qualche sillaba stonata. … e sono sempre al limite della mia sanità mentale, costretto a stare a terra ma desidero volare. Per fortuna che ogni tanto scrivo in rima, perché lo faccio sempre appena prima di scoppiare. Non mi aspetto niente, perché descrivo il niente, il vuoto esistenziale sempre riempie la mia mente. Da qua non se ne esce. Prigioni e malcontento e mentre salgo scendo come in un quadro di Escher. È tutto poco chiaro, nebuloso, come quando da un momento all'altro mi ritrovo astioso. Sono il sintomo di un mondo che ora implode. Più nervoso, stufo di ascoltar parole. Questi cianciano di crisi mentre sbarrano i destini e ci parlano in tv come se fossimo bambini. Colgono i tuoi lati più emotivi, cazzo spegnili, perché sono soltanto dei falliti. Ma non chiedermi nulla perché so di non saperlo, anche io gettato al mondo e non ho scelto di volerlo... e se tutto non ha senso fa lo stesso: costruisco ciò che posso nell'attesa del decesso.

about

Info, ordini, altro su www.resho.it

Qualcosa di abbandonato
dimenticato
lasciato da parte

Canzoni nascoste su dischi magnetici e block notes,
rispolverate e riproposte dopo anni, per segnare
alcuni punti cardine di un personale percorso di ricerca.
Frammenti raccolti ripercorrendo al contrario
una strada impervia.
Emozioni che riemergono dal proprio oblio,
dimostrandosi in certa forma attuali, incise
su strumentali e ritmi che possono ancora coltivarle.
Per ritrovare una sensibilità più umana ed il suo simbolico,
pur vivendo nei circuiti di una realtà integrale.
Qualcosa di politico. Per non dimenticare che la realtà
chiede sempre un piano diverso e ineffabile
che ne consenta l’analisi e permetta di osservarla
con maggiore concretezza. Perché respirare
è un gesto politico.
Ricordandosi sempre che ci si stanca solo se ci manca
il senso del cercare.

credits

released August 16, 2013

Testi e voci: Resho, Astio, Nevek, Jago
Musica: Mastrobeat, Non Dire Chaz

Registrato in vari luoghi da Resho, Rapsod, Taba
Mixato da Mastrobeat | Masterizzato da Alessandro Siani
Artwork a cura di Stefano Resciniti | facebook.com/stefano.icdj

Alcuni diritti riservati

license

tags

about

Resho Italy

contact / help

Contact Resho

Streaming and
Download help

Report this album or account

If you like Resho, you may also like: